Ambiente ed Ecologia

Nell’indifferenza la distruzione del territorio
di
Alessandro Ripoli
Responsabile SISA Ambiente
RIPOLI DIFESA TERRITORIO.pdf
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In difesa di Trieste, contro i rigassificatori
NO AI RIGASSIFICATORI A TRIESTE.doc
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È in corso la sesta estinzione di massa della storia del pianeta, ha tutte le caratteristiche per essere la più terribile, ma non se ne vuole parlare, il SISA chiede si apra il dibattito nelle scuole
SISA 21.3.12.doc
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Il muro di razzismo infrange i colori di Milano
di JESSICA DI PIETRANTONIO
RESP. SISA AMBIENTE
DI PIETRANTONIO MILANO RAZZISMO.doc
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Educarsi al rispetto della terra e del suo ecosistema

di

Barbara Antonini

 

Comincia a fine ottobre il corso di GAIA EDUCATION insieme all' Università Aperta della Catalunia. Si tratta di un corso post laurea, che si tiene online, con l'opzione di essere seguito in spagnolo oppure in inglese. Il corso mira alla realizzazione di alcuni dei progetti presentati dagli studenti, interessati sui temi della sostenibilità. Precisamente, i progetti appartengono a una delle seguenti 4 aree:  creazione di nuove comunità (ecovillaggi), progetti di transizione a una realtà più sostenibile di città e regioni, imprese di carattere sociale e progetti per ONG. Al corso in lingua inglese partecipano circa 30 persone, di età diverse. I partecipanti sono europei, canadesi, australiani, nuovozelandesi, asiatici e i progetti hanno come zone di riferimento le arre più diverse del pianeta. Per più informazioni www.gaiaeducation.org .

 

Ravnokar zacenja po diplomski tecaj organiziran od GAIA EDUCATION, skupaj z Odprto Univerzo Katalonije. Tecaj poteka po internetu, z jezikovnimi opcijami, ki gredo med spanscino in italijanscino. Smisel tecaja je skupna realizacija nekaterih od projektov, ki studentje predstavijo kot del njihovega zanimanja za boljsi svet. Tocneje, se projekti opredelijo med naslednje stiri skupine: zgradba novih skupnosti, nacrti za transicijo mest in podrocij v tako smer, ki je bolj spostljiva do okolja, firme z namenom koristi za druzbo in projekti za NGO. Tecaja v angleskem jeziku se udelezi priblizno 30 oseb, razlicnih let in narodnosti. Nekaj je evropejcev, pa so tudi kanadvani, australijanci, novozelandci in azijci. Projetki so pa namenjeni najrazlicnejsim delom sveta. Vec informacij lahko dobite na spletni strani www.gaiaeducation.org .

 

Trst/Trieste, 31 ottobre 2011

Federica Piergiacomi in merito all'ultimo libro di Luca Mercalli
Prepariamoci a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza… e forse più felicità
PREPARIAMOCI MERCALLI.doc
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L’auto elettrica: la sfida ecologica che viene dalla Cina

di Gabriele Repaci

Responsabile SISA Ambiente

 

Oramai è ufficiale: la Cina è la nuova frontiera della auto elettriche. Sebbene questo tipo di veicoli siano ancora pochissimi in circolazione il governo di Pechino sta investendo grandi somme di denaro nella produzione di queste nuove auto. Nella sola Shangai, entro il 2020, si prevede che saranno in circolazione circa 100mila auto elettriche. Inoltre il governo ha disposto che vengano investiti quasi 100 miliardi di yuan per sostenere lo sviluppo delle nuove tecnologie elettriche da parte delle imprese. La SAIC, azienda di proprietà statale, ha investito circa 6 miliardi di yuan per produrre 50.000 auto elettriche. Insomma sembra che la Cina al contrario di certi governi occidentali, come quello di Berlusconi, che attraverso il decreto milleproroghe ha accantonato l’idea del precedente governo Prodi di incentivare l’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, abbia capito l’importanza di investire nelle energie alternative. Per altro stessi studi di confindustria dubitano che le automobili a motore a scoppio possano avere più di dieci anni di mercato, visto anche il progressivo esaurirsi delle scorte petrolifere.

 

14 ottobre 2010

Marina Silva

e le priorità eco - sostenibili reclamate dal popolo brasiliano

 

di

Gabriele Repaci

Responsabile SISA Ambiente


Al di la di come andrà a finire il ballottaggio fissato per il 31 ottobre, fra la candidata del partito dei lavoratori Pt Dilma Rousseff e il socialdemocratico (in realtà conservatore) José Serra, la vera sorpresa di queste elezioni in Brasile è la candidata dei verdi Marina Silva, che contro tutte le previsioni, ha ottenuto il 20% dei consensi. Marina Silva proviene da una famiglia di seringueiros, i poveri raccoglitori di gomma dell'Amazzonia che per difendere gli alberi da cui ricavavano la loro fonte di sostentamento si unirono creando una attiva sindacale anti-disboscamento alleata degli indios. Analfabeta fino all’età di sedici anni e laureatasi più tardi in storia, Marina fu compagna di lotta di Chico Mendes, il noto sindacalista brasiliano che venne assassinato a causa della sua battaglia contro il disboscamento delle foreste pluviali. Eletta senatrice nel 1994 fu in seguito ministra dell’ambiente di Lula dal 2003 al 2008, riuscendo durante il suo mandato, a ridurre del 59% la deforestazione. A causa della sua opposizione al progetto della gigantesca diga di Belo Monte, in Amazzonia, si scontrò con i vertici del Pt, ed in seguito diede le dimissioni dal governo. La attuale candidata del Pt Dilma Rousseff come ministro dell’Energia e Miniere era stata la principale regista dell’Operazione Belo Monte, dunque il successo elettorale della Silva può essere letto come una protesta dell’elettorato brasiliano contro questo progetto. Ma il successo di Marina non può essere ridotto alla sola questione ambientale. Infatti nonostante il governo Lula abbia approvato molti programmi sociali per ridurre la povertà estrema, come Bolsa famiglia, che ha contribuito a ridurre il poverty gap del 12 % e ad aumentare la frequenza scolastica dei bambini, così come la regolarità delle visite mediche, il Brasile rimane ancora uno dei paesi con il più alto tasso di disuguaglianza al mondo, appena inferiore a quello della Sierra Leone. Infatti Lula, a differenza del suo omologo venezuelano Hugo Chaevez, non ha voluto intaccare la struttura del capitalismo brasiliano, preferendo alla strategia rivoluzionaria bolivariana, una politica di mera redistribuzione del reddito. Che il successo della Silva possa convincere i dirigenti del Pt ad approfondire il processo rivoluzionario anche in Brasile? Noi ce lo auguriamo, partendo anche dalla ferma convinzione che essere di sinistra e progressisti voglia dire, in Brasile come nel mondo, difendere anche i diritti dell’eco-sistema, che sono garanzia di vita per il futuro di tutte e di tutti. La battaglia di Marina Silva contro la deforestazione, contro gli agrocarburanti, condannati anche da Cuba e da Fidel e contro gli ogm che impoveriscono e inaridiscono i terreni è una battaglia di civiltà di cui anche la sinistra brasiliana e il Pt dovrebbero rendersi consapevoli.

 

10.10.10

 

Tagli ai parchi nazionali

I finanziamenti statali alle riserve naturali sono stati fino ad ora molto scarsi, tanto che gli Enti riescono a stento a pagare il proprio personale. Oggi, con il possibile taglio di fondi del 50%, le aree protette si troverebbero in una situazione di declino e collasso totale. I Parchi Nazionali sono le principali organizzazioni che tutelano il patrimonio ambientale italiano e le culture che lo abitano. Essi sono anche preziosissimi laboratori per lo sviluppo sostenibile e la conservazione della biodiversità. Con questa politica il governo italiano dimostra di ignorare totalmente l'importanza dei parchi. E suona davvero paradossale che, insieme ai numerosi tagli nei settori ambientali e culturali, il Governo proponga agli Italiani, attraverso uno spot pubblicitario, di passare le vacanze nella "Magica Italia" luogo ricco di meraviglie artistiche e naturali.

22 luglio ’10

Sebastian Lanza

Responsabile SISA Ambiente

 

PRESERVARE L'ECOSISTEMA
di Sebastian Lanza
PRESERVARE L'ECOSISTEMA.doc
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Educazione ambientale e decrescita
di Davide Rossi
EDUCAZIONE AMBIENTALE.doc
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SISA in lotta per l'ambiente e una nuova cultura ecosostenibile
intervento del segretario generale del SISA Davide Rossi sui temi ecologici e ambientali in occasione dell'apertura del vertice di Copenaghen
SISA COPENAGHEN.pdf
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A Copenaghen per il clima, la vita, il lavoro per tutta la terra
di
Stefano Rivas

A 80 giorni dall’inizio del Cop15, la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, che si terrà a Copenaghen tra il 7 e il 18 dicembre, nella galassia dei movimenti ecologisti fervono le iniziative e i preparativi volti a trasformare il summit in un gigantesco incontro mondiale sulla giustizia climatica, che riesca a mettere in luce la totale insufficenza delle iniziative prese dai governi per contrastare il riscaldamento globale. La consapevolezza che la strada seguita finora dai precedenti accordi non ha portato a nessuna diminuzione delle emissioni di gas serra e che anche questo incontro – che pure è stato definito come un’occasione imperdibile per uscire dalla crisi climatica – si prepara sulle stesse basi che hanno permesso che l’enorme affare del commercio delle emissioni di CO² si mascherasse da strategia per la lotta climatica, ha imposto che il primo obiettivo degli attivisti sia proprio lo smascheramento della strategia ONU e dei suoi accordi come false soluzioni utili solo al prosieguo degli affari e ad evitare di prendere le misure necessarie per invertire il processo di riscaldamento. Con questo fine, persone, gruppi, associazioni e ong da oltre 50 paesi di tutti i continenti, hanno dato vita, dopo oltre un anno di preparazione ed incontri, ad una rete globale, “Climate Justice Action”, che oltre ad amplificare la risonanza delle iniziative “climatiche” che avvengono ormai in tutti i continenti, di cui buon esempio sono i vari campeggi climatici realizzatisi in molti paesi quest’estate, coordina le più grandi iniziative globali che avverranno in concomitanza con il summit di Copenaghen. Abbiamo deciso come SISA di essere parte di questo movimento e di essere presenti a Copenaghen.

 

23 settembre '09

 

 

Alla mobilitazione contro i decreti Gelmini

 Uniamo la battaglia per l’ambiente


 Arianna Marchegiani

 

In questi giorni il governo italiano, drammaticamente, cerca di bloccare l’impegno europeo per il clima, un impegno che lo stesso presidente francese ha definito: “fondamentale, perché se il mondo continua a produrre nella stessa maniera va incontro alla catastrofe”. Come SISA riteniamo che la scuola e l’università debbano assolvere con forza al loro ruolo di formazione e ci auguriamo che i collettivi di autogestione e occupazione delle scuole pongano tra i temi in discussione di queste giornate di lotta anche il clima, l’ecosistema e l’ambiente.

Da qualche decennio noi umani abbiamo iniziato ad aumentare la nostra impronta ecologica, cioè il nostro peso in termini di consumi di risorse ed energia e produzione di rifiuti, ad un tasso talmente alto che la Terra non riesce più a sostenerla. Quest’anno abbiamo oltrepassato il limite il 23 settembre: consumato quanto la Terra produce in un anno, inquinato quanto il nostro pianeta può smaltire. Di questo passo, nel 2050 avremo bisogno di due pianeti per soddisfare le nostre esigenze. Di Terra però, ce n’è una sola, e l’unica cosa da fare è rendersene conto ed averla a cuore, ogni giorno, nelle azioni di tutti. Non è lei ad esser troppo piccola o poco produttiva, siamo noi che stiamo esagerando, con i nostri stili di vita “usa e getta” e la nostra economia così legata ad interessi immediati, che non sa pianificare neanche la sua sopravvivenza, con la convinzione che, in un modo o nell’altro, le cose si risolvano da sole o.. sarà qualcun altro a pensarci. Stiamo iniziando a vedere che non è proprio così. Le crisi di questi giorni, economiche, ambientali, sociali, umane, ci chiedono di aprire gli occhi.

L’ONU ha proclamato il 2005-2014 “Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile”, ed ogni anno si dedica una settimana ad un tema in particolare: l’energia sostenibile nel 2006, la lotta ai cambiamenti climatici nel 2007, quest’anno dal 10 al 16 novembre l’attenzione sarà sui rifiuti, in un’ottica di riduzione e recupero. La direzione verso cui dovremmo andare è quella di una cultura della sostenibilità, basata su di uno sviluppo durevole, che metta in conto la Natura anche da un punto di vista economico. Non si dovrà più parlare di rifiuti, ma di risorse, di loro sfruttamento consapevole, di riciclo, di materie prime. Partecipiamo alle iniziative, come docenti, con le nostre classi, come studenti, come singoli cittadini.

Interdisciplinarietà, acquisizione di valori, sviluppo del pensiero critico e ricerca della risoluzione dei problemi, molteplicità di metodologie, decisioni condivise e partecipate, importanza del contesto locale: basta dare un rapido sguardo agli elementi ritenuti importanti dall’UNESCO per una sana educazione allo sviluppo sostenibile, per capire che le riforme che si vogliono apportare alla scuola in questo periodo di sostenibile hanno ben poco.. cerchiamo anche di vedere il tutto in un’ottica globale, con le giuste correlazioni. Si sta parlando di coerenza, di tener fede agli impegni presi, di rispetto, di dare a tutti l’opportunità di vivere con dignità. Nel 2000, 189 paesi tra cui l’Italia hanno sottoscritto la “Dichiarazione del millennio”, prendendo importanti impegni da conseguire entro il 2015 (tra cui un’istruzione primaria per tutti i ragazzi e le ragazze nel mondo e la sostenibilità ambientale). Il mondo diventerà migliore quando “il diritto allo sviluppo sarà una realtà per tutti”, solo quando in ogni dove si potrà avere una vita sostenibile.. ricordiamo ai governi le loro promesse, alziamoci in piedi e facciamo sentire la nostra voce insieme a tante altre nel mondo.

Impronta ecologica, rifiuti, riforme della scuola, povertà: siamo tutti coinvolti. Facciamo la nostra parte.

 

Dal nucleare ai biocombustibili, i doveri dell’educazione

 

Mi piacerebbe cogliere l’occasione di guardare alla Francia che impone vittoriosamente a Cannes un film girato “Tra le mura” di una scuola, dedicato alla forza della relazione educativa che si libera in una classe, tra un docente e i giovani animati da tutta la rabbia verso una esclusione sociale sempre palpabile nelle periferie parigine.
Sentirei l’esigenza di scrivere delle preoccupazioni che come docenti e studenti, come sindacato, sentiamo moltiplicarsi sul tema del rispetto dei diritti dell’uomo. Di ogni donna e uomo, giovane e anziano, quale che sia la sua fede, la sua cultura, il popolo in cui è nato. Le aggressioni, le violenze, le ronde, la crescente inciviltà che sta aggredendo le coscienze degli italiani trasformandoli in aggressori impongono alla scuola e all’università un obbligo di civiltà, il bisogno di riaffermare la centralità di quella Dichiarazione Universale che sancisce il rispetto, l’accoglienza, il primato del dialogo contro ogni razzismo e xenofobia.
Per altro occorre riflettere e molto sul declino del sistema occidentale, un declino del livello di consumi e una ridistribuzione planetaria della ricchezza che apre una stagione difficile, non certo affrontabile con l’aumento di produttività, semplificazione confindustriale che cerca di nascondere la realtà e di fingere credendo ad una realtà diversa da quella che è.
Tuttavia ho ricevuto diverse sollecitazioni ad affrontare i temi ambientali. È vero, come SISA abbiamo prodotto sul tema in questi mesi solo documenti e iniziative a livello locale, legate al territorio, risultato della buona volontà di colleghe e colleghi che aderiscono al SISA e nel contempo ad alcune delle tante e meritorie associazioni legate ai temi della difesa dell’ecosistema. Credo in ogni caso che ciascun membro del SISA, studente o docente, ogni giorno, nel promuovere una scuola fondata sul rispetto e sul dialogo, abbia modo di invitare studenti e docenti a porre, nella costruzione dei saperi, i temi inscindibili della difesa della terra e dell’ingiusto rapporto tra Nord e Sud del mondo.
Accetto quindi le sollecitazioni per proporre alcune riflessioni. Ritengo che, ad esempio in merito alla polemica nucleare, si debba, necessariamente, esprimere preoccupazione, estrema e grave. Perché l’argomento è abbordato con tanta superficialità e tanta imprecisione da lasciare interdetti. Il nucleare è una fonte energetica non sicura, il più piccolo, insignificante e irrilevante incidente è comunque catastrofico e dirne basso o quasi impossibile il rischio non diminuisce le preoccupazioni, perché esclude la certezza che quel rischio possa essere evitato. Le scorie, restano attive per millenni. Dagli Usa alla Francia aumentano i drammi, scarsamente considerati dall’informazione, eppure accertati, di perdite, fuoriuscite, infiltrazioni d’acqua nei luoghi di stoccaggio delle scorie prodotte negli ultimi trenta anni. La catastrofe che ne consegue ha un solo nome: morte. Della natura e degli uomini che vivono in quei luoghi. In più i costi del nucleare sono elevatissimi, sia per la messa in opera delle centrali, sia per la materia prima, l’uranio, che imporrebbe all’Italia un acquisto dalla Francia, che controlla le massime riserve mondiali sul territorio delle sue ex colonie africane Niger e Ciad e dalla Russia. Inoltre le riserve planetarie di uranio segnalano non più di un ventennio ancora di disponibilità con prezzi al chilo prossimi ai duemila dollari, tendenzialmente in aumento. Tutta l’operazione propagandistica di questi giorni è quindi priva del ben che minimo fondamento, se non quello di interessi privati a fini privati, nulla a che spartire con il bene dei cittadini.
La sete, spasmodica, di energia della nostra società dovrebbe iniziare a riflettere su percorsi di decrescita, dentro e fuori dal pensiero antiutilitarista del gruppo di Serge Latouche. In merito magistrale il premio Nobel Dario Fo, con il suo ultimo scritto, bellissimo, lettura da consigliare nelle scuole: “L’apocalisse rimandata”.
Una soluzione comunque è a portata di mano dell’Italia: il sole e il vento, pannelli solari ovunque e migliaia di pale eoliche si possono impiantare, ci sono nazioni che raccolgono un quarto del loro fabbisogno da queste fonti, libere e gratuite, senza obbligo di costosi approvvigionamenti presso nazioni straniere, nella penisola siamo al momento sul livello di percentuali che non raggiungono il 2 o il 3%. 
Per altro l’umanità sembra finalmente accettare il confronto non rinviabile su un altro collasso ambientale, quello alimentare. Così, mentre i problemi dell’inquinamento, del controllo dei gas serra e del protocollo di Kioto languono, la speculazione sui prodotti alimentari e il totale fallimento dei biocombustibili sono all’ordine del giorno. In merito a questi ultimi il quadro è chiaro, utilizzare scarti agricoli può avere forse un senso, utilizzare l’intera pianta significa togliere letteralmente il pane di bocca alle donne e agli uomini del sud del pianeta.
Nelle nostre scuole andrebbero letti gli scritti di Vandana Shiva, scienziata di particolare rigore, la quale con straordinaria chiarezza spiega come il cibo sia oggi oggetto di manipolazione, controllo e sfruttamento, un sistema orchestrato dalle multinazionali volte a nuocere alla salute della terra, degli esseri umani, degli animali, a semplice vantaggio del profitto di alcuni, contro l’intera umanità. Shiva, rivendicando il diritto alla biodiversità, alla lotta contro l’aggressione dei brevetti statunitensi, dei diserbanti e dei fertilizzanti che avvelenano molto più di quanto dovrebbero migliorare i prodotti, ci offre un percorso, al contempo serio e praticabile.
Dalla biodiversità diventa necessario il passaggio ad una autentica riflessione sul diritto dei popoli rispetto alle risorse de loro territorio. Gli italiani, solo un esempio tra i moltissimi, sottraggono lungo il delta del fiume Niger in Nigeria il petrolio in un territorio in cui alle donne e agli uomini che lo abitano nulla viene dato, non un riconoscimento economico per la sottrazione della materia prima, ma solo lo spiacevole inquinamento, risultato dell’attività estrattiva. Se qualcuno ci sottraesse le nostre risorse, grideremmo allo scandalo, non si capisce perché, nel momento in cui a comportarci così siamo noi occidentali, la giusta e comprensibile ribellione dei cittadini del sud del mondo venga bollata come barbara violenza contro la civiltà.
Ambiente, migrazioni, equo accesso alle risorse alimentari, energetiche ed economiche della terra da parte di tutti coloro che la abitano, senza discriminazioni e prevaricazioni, sono temi che si tengono insieme e impongono alla scuola e all’università, quindi anche al SISA, che nel solco di don Milani ha le radici di un impegno culturale prima ancora che sindacale, di parlarne, discuterne, rifletterne.
Il nostro impegno quindi è fermo e deciso, un piccolo seme (non transgenico!) perché rispetto e consapevolezza siano più grandi della paura e dell’egoismo che sono le più elementari e le meno condivisibili risposte all’incertezza e al peggioramento delle condizioni di vita di un Occidente segnato da un irrimediabile declino.
 10 giugno 2008
Davide Rossi, segretario generale 

 

 

Per la promozione di una didattica eco-sostenibile

 

 

Arianna Marchegiani è responsabile nazionale per la promozione di una didattica eco-sostenibile. Pedagogia, cultura e diritti. Continua l’impegno del SISA nel solco di un nuovo modo di essere e fare sindacato. 

Riflettere sull’educazione e sull’ambiente, in un momento delicato come quello che stiamo attraversando, non è solo una scelta personale, è un dovere che la nostra come le altre società si trovano ad affrontare, oggi più che mai. Sappiamo che la situazione del pianeta in cui viviamo non è buona, l’uomo continua a sfruttare le sue risorse come fossero infinite, a lasciare dietro al suo passaggio rifiuti che non sa (o non vuole) smaltire, trattando senza rispetto le cose più preziose e necessarie per la vita, come l’aria, l’acqua, il suolo. 
Per affrontare questa crisi ambientale nel modo più corretto ed efficace occorrono interventi su più fronti: legislativo, economico, tecnologico, ma anche culturale, sociale, pedagogico.
La scuola ha il compito di lavorare su alcuni di questi aspetti, come quello culturale e delle conoscenze, non solo per rendere consapevoli delle problematiche, ma anche per essere laboratorio di idee e di creatività per pensare e immaginare insieme possibili soluzioni, per progettare strategie efficaci; su quello psicologico e quindi emotivo, per imparare ad affrontare i cambiamenti, i rischi, gli inevitabili conflitti, uscendo da una logica monoculturale, ristrettamente piegata sugli interessi dell’Occidentale. Dovrebbe, in poche parole, offrire quegli strumenti necessari per diventare “cittadini del mondo”, attivi e responsabili.  
 “Le relazioni tra il microcosmo personale e il macrocosmo dell’umanità e del pianeta oggi devono essere intese in un duplice senso. Da un lato tutto ciò che accade nel mondo influenza la vita di ogni persona; dall’altro, ogni persona tiene nelle sue mani una responsabilità unica e singolare nei confronti del futuro dell’umanità.” Questa tra le altre considerazioni è riportata nel documento “Cultura, scuola, persona”,  diffuso dal Ministero nel marzo 2007; e le nuove “Indicazioni per il curricolo” riprendono espressamente l’importanza della formazione di un cittadino “consapevole, autonomo, responsabile, critico”, che sappia “cogliere gli aspetti essenziali dei problemi, (...) le interdipendenze tra locale e globale, (...) e faccia propri atteggiamenti cooperativi e collaborativi, condizione per praticare la convivenza civile”.
L’accento va dunque posto sulle due questioni fondamentali: responsabilità e partecipazione. Solo attraverso la consapevolezza di quanto il nostro contributo sia importante, di quanto le nostre azioni abbiano conseguenze, di come tutto sia interconnesso ed interdipendente, possiamo sperare di migliorare la vita intorno a noi.
Anche per questo un’educazione ambientale, eco - sostenibile, è quanto mai necessaria in questo momento, nei programmi, nei progetti, nell’azione pedagogica autonoma delle singole scuole e dell’Università. Essa non vive da sola, va per mano a qualsiasi altro aspetto della vita, forse proprio perché la vita stessa ne dipende. 
Tutti gli sforzi che sono diretti in questa direzione vanno sostenuti, soprattutto quelli che si propongono di essere scambi di idee per crescere insieme, nell’ottica di mettere in pratica ciò che si ritiene migliorativo della situazione attuale, con un’attenzione alla sostenibilità da un punto di vista sociale ed ambientale. Il SISA intende quindi portare il suo contributo, essere anzi un punto forte di confronto, incontro e raccordo, di approfondimento, di stimolo al cambiamento.
Nell’assumere la responsabilità nazionale volta alla promozione di attività ed esperienze didattiche impegnate nello sviluppo di una pedagogia eco – sostenibile, sento di essere chiamata a svolgere un ruolo che vuole coniugare, dentro un soggetto sindacale, la capacità della rivendicazione con la forza del progetto e della proposta per una scuola migliore nella sua organizzazione, ma anche e certamente nella sua capacità di proposta culturale e didattica, perché oggi più che mai è importante ragionare e insegnare in termini eco – sostenibili.

Macerata, 8 dicembre ’07

Arianna Marchegiani